Ad ispirare questo mio nuovo Post del mio Blog, sono state le difficoltà che molte imprese giovani (e di giovani) con cui sono quotidianamente in contatto mi segnalano, quando hanno necessità di finanziare progetti ed iniziative magari un po’ al margine rispetto ai classici schemi.
Crowd sta per folla, funding per finanziamento.
Proporre un progetto al giudizio delle rete e ricavarne i capitali per realizzarlo: questo è il crowdfunding.
In sostanza,  è una tecnica di finanziamento che permette di recuperare fondi chiedendo piccole somme ai cittadini della rete e realizzare grandi progetti.
Anche se il meccanismo sembra semplice, è una cosa serissima; addirittura c’è chi pensa che possa essere l’ancora di salvezza per piccoli imprenditori, artisti e creativi in questi tempi di crisi infinita. Perché  se l’idea è buona i soldi arrivano, e tutto avviene alla luce del sole attraverso una delle tante piattaforme che permettono di raccogliere i soldi in questo modo.
A dimostrazione che tutto ciò è possibile (anche in Italia), basta analizzare il caso della nostrana Escape Studios , la startup vesuviana che è riuscita a farsi finanziare attraverso la creazione di dadi da gioco in pietra lavica (che alle pendici del Vesuvio abbonda). Per dare un’idea del movimento di capitali (che finanziano le iniziative più disparate) il solo Kickstarter, uno tra i più famosi siti di crowdfunding, nel 2012 ha raccolto 320 milioni di dollari distribuendoli tra 18 mila progetti.
Però è bene sapere che, oltre ad avere una buona idea,  il crowdfunding richiede impegno e cura dei dettagli; in particolare, una volta lanciato un progetto online bisogna farlo conoscere attraverso i social network, partendo dai propri amici.
Inoltre bisogna fissare un budget: se non si supera quello c’è il rischio di restare a bocca asciutta.
I siti di crwodfunding infatti adottano quasi sempre il sistema di finanziamento AoN (all or nothing) e prelevano i soldi dal conto dei finanziatori solo se l’iniziativa raggiunge il risultato sperato. Una scommessa con la buona sorte che spinge anche a non essere esosi nelle proprie pretese.
Da fine marzo poi la Banca Interprovinciale ha lanciato una piattaforma web per il “finanziamento della folla”: COM UNITY. Si tratta di un piccola e giovane realtà nata tra Bologna e Modena.
Tre sportelli e meno di 100 milioni di raccolta, ma è significativo che un sistema sviluppatosi come alternativa al sostegno bancario venga adesso adottato da una banca.
La novità vera sta appunto nel fatto che la raccolta, attraverso i canali digitali e social, è finalizzata a un progetto di business. La banca non raccoglie e poi decide cosa fare in base alle sue imperscrutabili logiche, ma è il risparmiatore a scegliere dove mettere il suo capitale, piccolo o grande che sia, diventando così investitore in prima persona.
Un segnale importante per il crowdfunding, proprio mentre la Consob è alle ultime battute per definire le regole di funzionamento.
Segnale importante dicevo anche se la legge, per come è strutturata oggi, prevede il crowdfunding solo per le startup innovative, che hanno purtroppo tanti limiti: ad es. non possono distribuire utili, chi ne possiede le azioni non può venderle e chi le compra deve tenerle per almeno due anni. Difficile capire chi investirà i propri soldi con tutti questi vincoli.
Inoltre la domanda sorge spontanea: In uno stato come l’Italia, dove le piccole e medie Imprese la fanno da padrone, perché escludere proprio quest’ultime, nocciolo imprescindibile della nostra Economia?

 

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